Invio delle comunicazioni “Black List” per il 2015 entro il 20 settembre 2016 – Tuttora necessaria la distinta indicazione in dichiarazione dei redditi 2015 dei costi relativi a Paesi “Black List”

Invio delle comunicazioni “Black List” per il 2015 entro il 20 settembre 2016 – Tuttora necessaria la distinta indicazione in dichiarazione dei redditi 2015 dei costi relativi a Paesi “Black List”

Attenzione! Errata corrige della circolare n. 33 (è stata corretta la tabella relativa ai Paesi Black-list ai fini della comunicazione con scadenza 20.09.2016)

 

Entro martedì 20 settembre 2016 devono essere comunicate, mediante le c.d. “Comunicazioni Black List”, le operazioni effettuate con paradisi fiscali nel corso del 2015. Secondo quanto disposto da un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 25 marzo 2016, detta scadenza riguarda sia le imprese con liquidazione IVA trimestrale che quelle con liquidazione IVA mensile. Il differimento del termine è stato concesso dall’Agenzia delle Entrate nel mese di marzo 2016.

Nonostante le sostanziali modifiche dell’art. 110 del TUIR, intervenute lo scorso anno, per il 2015 gli acquisti effettuati da Paesi a fiscalità privilegiata devono ancora essere indicati separatamente nella dichiarazione dei redditi. Considerato che per quest’ultima il termine di presentazione è fissato per il 30 settembre 2016, Le chiediamo cortesemente di voler verificare la presenza di tali costi nella Sua dichiarazione dei redditi, in modo da poter effettuare un’eventuale integrazione della stessa.

 

  1. Definizione di paradisi fiscali per il 2015

Innanzitutto è necessario chiarire quali sono gli Stati considerati paradisi fiscali. Tali Stati risultano da tre diverse “liste nere”, elencate di seguito, che tra l’altro sono state oggetto di ben due modifiche nel corso del 2015:

  • una prima “black list” riguarda la disciplina della presunzione di residenza delle persone fisiche (D.M. 4 maggio 1999 e D.M. 21 novembre 2001) e costituisce la base delle “comunicazioni black list”;
  • una seconda “black list” relativa alla normativa sulla deducibilità dei costi (D.M. 23 gennaio 2002, modificato il 27 aprile 2015), su cui va ora posta particolare attenzione con riferimento alle dichiarazioni dei redditi in scadenza a breve;
  • una terza “black list” rientrante nella disciplina delle società controllate estere (D.M. 21 novembre 2001 con le modifiche apportate dai D.M. del 30 marzo 2015 e del 18 novembre 2015).

A complicare la situazione si aggiunge il fatto che, per quanto concerne le modifiche apportate alle “black list” nel 2015, non vi è una chiara indicazione della data a partire dalla quale tali variazioni devono considerarsi efficaci.

 

  1. Obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate nel 2015 con Stati „Black List“

Analogamente agli anni scorsi, anche quest’anno (entro il predetto termine del 20 settembre 2016), con riferimento al 2015, devono essere comunicati all’Agenzia delle Entrate gli acquisti/le cessioni di beni nonché le prestazioni di servizi rese/ricevute nei confronti di operatori economici con sede, residenza o domicilio in Stati “black list”. Dal punto di vista del contenuto delle comunicazioni non si rilevano differenze sostanziali rispetto all’anno scorso. Inoltre, come per l’anno precedente, anche per il 2015 è richiesta la presentazione di un’unica comunicazione annuale.

L’obbligo di presentazione della comunicazione “black list” sussiste per i soggetti che hanno effettuato operazioni attive o passive con paradisi fiscali per un importo complessivo annuale superiore ad Euro 10.000. Contrariamente ad interpretazioni precedenti, tale limite non va inteso per singola operazione o relativamente a ciascun cliente/fornitore, ma va verificato con riferimento all’ammontare complessivo delle operazioni rese/ricevute intervenute nell’anno 2015 con tutte le controparti “black list”. Secondo quanto emerge da una risposta dell’Agenzia delle Entrate apparsa su “Telefisco”, vale dunque la seguente regola: la comunicazione deve essere effettuata qualora venga superato il limite annuo di Euro 10.000 con riferimento al complesso delle operazioni attive e passive con paradisi fiscali ed è di conseguenza dovuta pure per le operazioni che singolarmente presentano un importo ridotto, anche inferiore ai 500 Euro (contrariamente a quanto previsto in passato).

 

Come citato in precedenza, ai fini dell’individuazione dei paradisi fiscali rilevanti per la comunicazione in questione, è necessario fare riferimento al D.M. del 21 novembre 2001 e al D.M. del 4 maggio 1999, pertanto devono essere comunicate le operazioni effettuate con gli Stati elencati di seguito:

Alderney (Isole del Canale) Guatemala Nauru
Andorra Guernsey (Isole del Canale) Niue
Angola Herm (Isole del Canale) Nuova Caledonia
Anguilla Hong Kong Oman
Antigua Isola di Man Panama
Antille Olandesi Isole Cayman Polinesia francese
Aruba Isole Cook Portorico
Bahamas Isole Marshall Saint Kitts e Nevis
Bahrein Isole Turks e Caicos Saint Lucia
Barbados Isole Vergini britanniche Saint Vincent e Grenadine
Barbuda Isole Vergini statunitensi Salomone
Belize Jersey (Isole del Canale) Samoa
Bermuda Kenia Sant'Elena
Brunei Kiribati Sark (Isole del Canale)
Costarica Libano Seychelles
Dominica Liberia Singapore
Emirati Arabi Uniti Liechtenstein Svizzera
Ecuador Macao Taiwan
Filippine Malesia Tonga
Gibilterra Maldive Tuvalu
Giamaica Mauritius Uruguay
Gibuti Monaco Vanuatu
Grenada Montserrat

 

Nell’eventualità in cui il nostro studio dovesse predisporre ed inviare per Suo conto la ”comunicazione black list“, Le chiediamo gentilmente di inviarci le informazioni necessarie entro martedì 13 settembre 2016. Per Sua comodità, Le consigliamo di inoltrarci le relative fatture a mezzo posta elettronica. Qualora il Suo programma di contabilità permettesse di trasmettere tali dati anche elettronicamente, La preghiamo invece di volerci inviare i dati necessari su estrazione elettronica.

 

Da un comunicato stampa non verificato („Italia oggi“ del 06.09.2016) pare che il governo stia attualmente lavorando ad un decreto legge contenente diverse semplificazioni; lo stesso dovrebbe prevedere anche l’eliminazione delle “comunicazioni black list”. Qualora tale abolizione dovesse avere efficacia retroattiva per l’anno 2015, non esiteremo a darvene pronta comunicazione. 

 

  1. Indicazione delle operazioni con Stati „black list“ nella dichiarazione dei redditi per il 2015

Si rammenta innanzitutto che, a seguito delle modifiche introdotte lo scorso anno con D.Lgs. 147/2015, le relative disposizioni contenute nell’art. 110 del TUIR sono state modificate in modo sostanziale. Ai sensi della nuova normativa, i costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi da paradisi fiscali sono interamente deducibili per il 2015, purché tali costi non superino il valore normale dei beni/servizi in questione. In caso di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria sarà dunque necessario dimostrare la sussistenza di un effettivo interesse economico dell’operazione soltanto per l’eventuale differenza di valore. In tal senso, l’eventuale indeducibilità riguarda solamente l’importo che supera il valore normale del bene/servizio (art. 9 TUIR).

Allo stato attuale non si comprende la ragione per cui tutti i costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi da paradisi fiscali, anche se non superiori al valore normale degli stessi, debbano essere distintamente indicati nella dichiarazione dei redditi per il 2015. Eventuali omissioni vengono tutt’oggi sanzionate con una sanzione amministrativa pari al 10% dei costi, con una sanzione minima di Euro 500 ed una sanzione massima di Euro 50.000. Inoltre, nel rigo RF52 della dichiarazione dei redditi 2015 deve essere espressamente indicato l’importo complessivo dei costi che risultano superiori al valore normale.

Un consiglio: posto che l’indicazione di suddetta differenza rispetto al valore normale costituisce, di fatto, un’autodenuncia, si evita in genere di comunicare tale dato!

Si evidenzia che tutte le limitazioni previste fino ad oggi con riferimento ai paradisi fiscali saranno integralmente abrogate a partire dal periodo d’imposta 2016. La deducibilità dei relativi costi seguirà dunque le normali regole previste dal TUIR per la deducibilità di qualsiasi altro costo (tra le altre, inerenza all’attività dell’impresa e contabilizzazione per competenza).

 

Ai fini dell’individuazione dei paradisi fiscali rilevanti per la dichiarazione dei redditi 2015, è necessario fare riferimento al D.M. del 23 gennaio 2002, modificato il 27 aprile 2015, pertanto vale quanto segue:

Art. 1: I costi relativi ai seguenti Stati devono essere sempre indicati nella dichiarazione dei redditi:

Andorra

Bahamas

Barbados

Barbuda

Brunei

Gibuti (ex Afar e Issas)

Grenada

Guatemala

Hong Kong

Isole Cook

Isole Marshall

Isole Turks e Caicos

Isole Vergini statunitensi

Kiribati (ex Isole Gilbert)

Libano

Liberia

Liechtenstein

Macao

Maldive

Nauru

Niue

Nuova Caledonia

Oman

Polinesia francese

Saint Kitts e Nevis

Salomone

Samoa

Saint Lucia

Saint Vincent e Grenadine

Sant’Elena

Sark (Isole del Canale)

Seychelles

Tonga

Tuvalu (ex Isole Ellice)

Vanuatu

Art. 2: Paradisi fiscali con eccezione dei soggetti specificamente indicati – I costi relativi ai seguenti Paesi vanno distintamente indicati in dichiarazione dei redditi, ad eccezione di determinate operazioni specificamente individuate.

1) Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero;

2) Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato.

Art. 3 – Paradisi fiscali “limitati”: con riferimento ai seguenti Stati devono essere indicati soltanto i costi sostenuti dai soggetti e per le attività specificati:

1) Angola, con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l'esenzione dall'Oil Income Tax, alle società che godono di esenzioni o riduzioni d'imposta in settori fondamentali dell'economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code;

2) Antigua, con riferimento alle “international business companies”, esercenti le loro attività al di fuori del territorio di Antigua, quali quelle di cui all'International Business Corporation Act, n. 28 del 1982 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge n. 18 del 1975, e successive modifiche e integrazioni;

3) Repubblica Dominicana, con riferimento alle “international companies” esercenti l'attività all'estero;

4) Ecuador, con riferimento alle società operanti nelle “Free Trade Zones” che beneficiano dell'esenzione dalle imposte sui redditi;

5) Giamaica, con riferimento alle società di esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell'”Export Industry Encourage Act” e alle società localizzate nei territori individuati dal “Jamaica Export Free Zone Act”;

6) Kenia, con riferimento alle società insediate nelle “Export Processing Zones”;

7) Panama, con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella “Colon Free Zone” e alle società operanti nelle “Export Processing Zone”;

8) Portorico, con riferimento alle società esercenti attività bancarie ed alle società previste dal “Puerto Rico Tax Incentives Act” del 1988 o dal “Puerto Rico Tourist Development Act” del 1993;

9) Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e "di domicilio";

10) Uruguay, con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore.

 

Le chiediamo cortesemente di voler verificare, entro il 13 settembre, se nel corso del 2015 sono sorti dei costi riconducibili agli Stati sopraelencati, in modo da poterli esporre correttamente nella dichiarazione dei redditi per il 2015.

 

  1. Tassazione dei redditi realizzati da società controllate residenti in paradisi fiscali

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 35/E del 4 agosto 2016, ha infine fornito una serie di delucidazioni in merito alle novità introdotte dal D.Lgs. 147/2015 con riferimento alla c.d. “tassazione per trasparenza” dei redditi realizzati dalle CFC (Controlled Foreign Companies – società controllate estere). Si rammenta che, ai sensi dell’art. 167 del TUIR, gli utili realizzati da società figlie con sede in un paradiso fiscale non vengono tassati in Italia sulla base della distribuzione dei dividendi, bensì vengono tassati secondo il principio della “trasparenza” (previsto per le società di persone) e quindi già al momento della realizzazione dell’utile stesso (indipendentemente dalla sua effettiva distribuzione). A partire dal 2015, tale disposizione riguarda soltanto le società controllate residenti in un paradiso fiscale; il D.Lgs. 147/2015 ha abrogato, con effetto retroattivo per il 2015, la previgente estensione di detta norma alle società collegate.

Ai fini dell’individuazione dei paradisi fiscali rilevanti in questa sede, è necessario fare nuovamente riferimento al D.M. del 21 novembre 2001. Nel corso del 2015 sono stati rimossi dall’elenco contenuto nel predetto D.M. i seguenti Stati: Filippine, Singapore, Malesia e Hong Kong. È stato inoltre soppresso il paragrafo (art. 3 del D.M.) che classificava uno specifico Stato quale paradiso fiscale soltanto al verificarsi di determinate circostanze (es. le holding e le società ausiliarie in Svizzera). A tal proposito, la circolare n. 35/E chiarisce che le abrogazioni appena descritte hanno efficacia retroattiva con riferimento all’intero periodo d’imposta 2015. In altri termini: per il 2015 anche con riferimento alle società controllate residenti ad Hong Kong o in Svizzera non è più prevista la tassazione per trasparenza.

Per il 2016 è prevista una definizione completamente nuova di “paradiso fiscale“, a prescindere da eventuali “liste nere”: saranno infatti considerati paradisi fiscali tutti gli Stati che applicano una tassazione inferiore alla metà rispetto a quella italiana, prendendo come riferimento l’aliquota IRES italiana del 27,5% (24% a partire dal 2017) e l’aliquota IRAP italiana del 3,9%. Pertanto, per il 2016, sarà classificato come paradiso fiscale qualsiasi Stato con una tassazione inferiore al 15,7% (13,95% a partire dal 2017).

 

Restiamo a Vostra disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

Cordiali saluti

Dr. Josef Vieider

scaricare circolare C-33-06.09.2016 - Comunicazione Black List 2015 NEW