Le novità della riforma sulla fiscalità internazionale di inizio 2024

Il 27 dicembre 2023 è stata pubblicato il D.Lgs. 209 in applicazione della riforma fiscale iniziata nell’estate del 2023. Si tratta del decreto che comporta alcune importanti modifiche in relazione alla fiscalità internazionale, entrate in vigore in gran parte con il 2024. Di seguito un riassunto.

Residenza fiscale in Italia delle societá (art. 2 D.Lgs. 209/2023)

Nella previgente disciplina, la residenza di società ed enti era stabilita sulla base dell’esistenza nel territorio italiano, per la maggior parte del periodo di imposta, della sede legale o dell’amministrazione o dell’oggetto principale. Con la riforma, restano invariati il requisito temporale della maggior parte del periodo di imposta e quello formale della sede legale, mentre la sede dell’amministrazione ed all’oggetto principale vengono sostituiti dalla “sede di direzione effettiva” e dalla “gestione ordinaria in via principale”. La relazione illustrativa al decreto precisa, che la sussistenza di anche una sola delle condizioni di cui sopra è sufficiente a determinare la residenza di una società nel territorio italiano e di conseguenza l’assoggettamento alle imposte in Italia.

Si tratta nella sostanza di un ancoraggio nella legge di criteri, che già venivano utilizzati in giurisprudenza da tempo. Le novità sono in vigore dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023, di regola quindi dal 2024.

Di sicura rilevanza è la modifica dell’art. 73, 3° comma, del TUIR, in relazione al luogo dell’effettiva direzione (place of effective management); per tale si intende il luogo dove vengono prese le decisioni strategiche per l’impresa. Quale luogo della gestione ordinaria in via principale si intende invece quello dove viene svolto il business quotidiano.

Suggerimento: per evitare la presunzione che una filiale estera abbia la direzione effettiva in Italia, consigliamo vivamente di tenere le riunioni del Consiglio di Amministrazione effettivamente all’estero, documentando il tutto, e di protocollare le delibere sulle decisioni strategiche in loco. È prevedibile che in futuro tale aspetto sarà oggetto di verifiche in Italia essendo l’argomento diventato sensibile.

Le suddette novità hanno valenza anche per le società di persone in virtù della modifica anche dell’art. 5 del TUIR. La nuova formulazione comporta anche un aspetto positivo rispetto alla prassi delle verifiche passate: l’attività di controllo del socio (italiano) sulla consociata estera è ora in linea di massima legittima e non può essere presa in sé come elemento per trasferire l’imponibilità in Italia, nella misura in cui la società controllata estera mantiene la sua autonomia decisionale.

Residenza fiscale in Italia delle persone fisiche in Italia (art. 2 D. Lgs. 209/2023)

Anche i criteri di individuazione della residenza delle persone fisiche di cui all’art. 2 del TUIR sono state modificate: contano ora in primo luogo gli interessi personali e familiari e non gli interessi economico-patrimoniali. L’iscrizione all’anagrafe dei residenti diventa una semplice presunzione per la quale può essere fornita prova contraria.

Le conseguenze non sono da poco: fino ad ora un contribuente italiano con moglie e figli in Italia ed un rapporto di lavoro all’estero, poteva con una verta sicurezza affermare di essere residente ai fini fiscali all’estero, essendo il centro dei suoi interessi economici all’estero. Dal 2024 in poi non è più così.

Per quanto riguarda la presenza fisica, resta valido il criterio della maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), in presenza degli altri parametri di cui sopra. La novità è rappresentata dal fatto che ora nel calcolo dei giorni vengono conteggiate anche le frazioni di giorno, cioè i giorni iniziati. In futuro quindi, nel conteggio dei 183 giorni si dovrà tenere conto anche di questo nuovo criterio.

Non è stata invece recepita la possibilità – come prevista da alcune convenzioni contro la doppia imposizione e dal modello OCSE – di una residenza fiscale suddivisa in parte in un paese e in parte in Italia. In Italia, quindi, vige il principio: o sono residente in un anno nel territorio italiano in quanto per 183 giorni e più ho i presupposti, o non lo sono.

Detti presupposti, che devono essere dati per almeno 183 giorni, sono i seguenti:

Residenza – il riferimento è al Codice Civile (art. 43, 2° comma); si tratta del luogo in cui la persona ha la dimora abituale in base alla situazione di fatto.

Domicilio – con riferimento al domicilio (art. 43, 1° comma C.C.) si introduce una definizione ad hoc, quale “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari, della persona”, e non più luogo quale centro degli interessi economici.

Presenza fisica – anche questo nuovo criterio viene introdotto a partire dal 2024 e riguarda la presenza “fisica” sul territorio. È un criterio residuale, in quanto di regola corrisponde al criterio della dimora abituale. Si tratta ad es. del caso di una persona che si trasferisce da un albero all’altro. Al contrario l’iscrizione all’anagrafe delle persone residenti per la maggior parte dell’anno è pur sempre un presupposto per la residenza fiscale, rappresenta però una semplice presunzione (salvo prova contraria). Di conseguenza perde importanza anche l’iscrizione all’anagrafe italiani residenti all’estero – AIRE: conta nei fatti la sostanza ovvero la situazione di fatto rispetto alla forma. Tutte le novità di cui sopra si applicano a partire dal 2024.

Homeoffice

Contrariamente a quanto ci si aspettava il decreto in oggetto non contiene alcuna regolamentazione relativa al di recente tanto discusso tema del “homeworking” transfrontaliero. È probabile che il governo attenda una direttiva unitaria dell’OCSE sul tema. Peraltro, l’Italia ha sottoscritto il 28 dicembre scorso un accordo quadro ai sensi dell’art. 16 del regolamento UE 883/2004 sulla sicurezza sociale in ambito di telelavoro transfrontaliero. Tale accordo contiene una serie di spunti senz’altro utili anche in campo fiscale.

Se avete a che fare con tale problematica potete prendere contatto con il ns. studio.

Sanzioni amm.ve per omessa indicazione della residenza (art. 1 comma 242 LF)

In relazione alla riforma sulla residenza fiscale di cui sopra si colloca una novità contenuta nella Legge Finanziaria: le sanzioni amministrative per una non corretta comunicazione della residenza fiscale sono elevate a 100 fino a 500 Euro. Per l’omessa comunicazione di variazione di residenza la sanzione va da 200 a 1.000 Euro. Viene inoltre previsto un obbligo a carico dei Comuni di comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle iscrizioni e cancellazioni dall’anagrafe di cittadini con residenza all’estero.

Semplificazione tassazione delle CFC (art. 3 D.Lgs. 209/2023)

Le disposizioni sulla tassazione delle CFC vengono semplificate. Si tratta delle norme che regolano la tassazione delle controllate estere, in presenza di determinate condizioni (insufficiente tassazione), per cui il reddito viene attribuito al socio italiano in base al principio della trasparenza fiscale, indipendentemente dalla percezione del reddito stesso. I presupposti che devono sussistere contemporaneamente sono:

(1) assoggettamento all’estero a tassazione effettiva inferiore al 15% (fino ad ora tassazione inferiore al 50% di quanto sarebbe dovuto in Italia). La regola del 50%, peraltro, si applica ancora nel caso la controllata estera non sia soggetta a certificazione del bilancio.

(2) i ricavi derivano per oltre un terzo da cd. “passive income”. Il contribuente può però comunque fornire elementi per provare che la CFC svolge un’effettiva attività commerciale con utilizzo di personale ed attrezzature in loco. Dette disposizioni sono applicabili indipendentemente dal fatto che la sede della società controllata sia in un paradiso fiscale o altro paese.

Se la controllata estera ha il bilancio certificato, è possibile optare per una imposta sostitutiva del 15%.

Le novità si applicano dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023.

Modifiche regime impartriati (art. 5 D.Lgs. 209/2023)

Su questo tema vi abbiamo già informati in anticipo con la nostra circolare 42/2023. Le norme, estremamente favorevoli, che erano fruibili fino al 2023, vengono ora ridimensionate sia nell’applicazione che nella misura a partire dal 1° gennaio 2024.

Di seguito le novità.

- In primis viene ridotto il presupposto soggettivo: ne possono fruire soltanto i soggetti impatriati che in precedenza hanno soggiornato all’estero per almeno tre anni (fino al 2023 erano sufficienti due anni). Regole particolari più restrittive vigono per rimpatri nell’ambito di società collegate e/o gruppi: la permanenza minima all’estero deve essere di sei anni se il dipendente non è stato in precedenza già impiegato presso altre società del gruppo in Italia, sette anni se invece lo è stato.

- Chi intende fruire dell’agevolazione si deve impegnare a mantenere la residenza in Italia per quattro anni (finora due anni).

- L’agevolazione si applica dal 1° gennaio 2024 soltanto per i lavoratori in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, come già definiti in passato fino al 2019: conseguimento di un titolo di istruzione superiore almeno triennale e ella relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, alta dirigenza e imprenditori) e 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011. Possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. 206/2007 limitatamente all’esercizio delle professioni protette ivi regolamentate.

- Redditi agevolabili in Italia: fino ad ora erano agevolabili i redditi di lavoro dipendente e ad esso equiparati, redditi derivanti da lavoro autonomo e impresa (individuale). A partire dal 1° gennaio sono esclusi i redditi di impresa, e quelli di lavoro autonomo sono limitati a quelli derivanti dall’esercizio di una professione: sono quindi esclusi quelli derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno.

-Vengono pure ridotte dal 1° gennaio 2024 le percentuali di reddito agevolato: dal 70% (soltanto il 30% del reddito doveva essere tassato) si passa al 50%; in presenza di figlio minore a carico l’agevolazione è rafforzata e si tassa soltanto il 40% del reddito.

- La misura massima di reddito annuo agevolato è stabilita in 600.000 Euro (fino ad ora non vi erano limiti). La parte di reddito eccedente è soggetta a tassazione ordinaria.

- L’agevolazione poteva finora essere fruita per un periodo di cinque anni, con la possibilità di prolungamento di ulteriori cinque anni. Dal 2024 l’agevolazione si applica per l’anno del rimpatrio e per i quattro anni successivi, senza possibilità di prolungamento, peraltro con una eccezione: se il soggetto trasferisce nel 2024 la residenza in Italia ma entro il 31.12.2023 o comunque nei dodici mesi precedenti, ha acquistato un’abitazione adibita ad abitazione principale, può richiedere un prolungamento dell’agevolazione per ulteriori tre anni.

- Restano invariate per i lavoratori autonomi le limitazioni “de-minimis”, essendo l’agevolazione fiscale considerata un aiuto, per cui l’agevolazione non potrá comportare in un triennio anni un risparmio fiscale superiore a 300mila Euro.

Riepilogando, a partire dal 1° gennaio 2024 convivono tre diversi regimi per gli impatriati:

– la tassazione di coloro che sono rientrati entro il 29 aprile 2019 (e che devono presentare istanza per il prolungamento entro il 30 giugno);

– la tassazione di coloro che sono impatriati tra il 30 aprile 2019 ed il 31.12.2023;

– gli impatriati a partire dal 2024.

Importante: i datori di lavoro che impiegano a partire dal 1° gennaio 2024 soggetti impatriati che intendono fruire delle suddette agevolazioni, dovranno farsi dichiarare e confermare dagli stessi la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle stesse.

Trasferimento in Italia di attività economiche (art. 6 D.Lgs. 209/2023)

I soggetti che intendono “impatriare” da un paese extra-UE all’Italia un’attività imprenditoriale o professionale (cd. “reshoring”), potrà fruire nell’anno del rimpatrio e nei cinque successivi di una tassazione ridotta del 50%.

L’agevolazione viene “recuperata” se l’impresa ritrasferisce dall’Italia all’estero l’attività nei cinque anni successivi (dieci per grandi gruppi) alla scadenza dell’agevolazione. In pratica l’impresa (o il professionista) deve restare in Italia almeno 10 o 15 anni.

In generale la convenienza dovrà comunque essere soppesata con eventuali penalizzazioni nel paese da cui l’impresa si trasferisce in Italia.

La norma necessita del benestare dell’UE: ciò premesso, si applica a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023.

Tassazione minima globale di gruppi 15% (art. 8 - 60 D.Lgs 209/2023)

Anche l’Italia ha introdotto, in recepimento della Direttiva UE “Pillar 2” in ambito fiscale, una “global minimum tax” del 15% quale tassazione degli utili per i grandi gruppi multinazionali con ricavi complessivi di almeno 750 mln di Euro. Con tale misura si intende arginare la competizione al ribasso delle aliquote fiscali tra i vari stati dell’Unione.

Per eventuali ulteriori informazioni ed approfondimenti siamo come sempre a disposizione.

Distinti saluti

Josef Vieider