Legge Europea 2014 – modifiche alle norme sulle operazioni intracomunitarie con effetto dal 18 agosto 2015

Legge Europea 2014 – modifiche alle norme sulle operazioni intracomunitarie con effetto dal 18 agosto 2015

A partire dalla data odierna, i trasferimenti di beni in un altro paese UE per la lavorazione, manipolazione o per l’effettuazione di perizie, saranno considerati anche in Italia cessioni e/o acquisti intracomunitari, nella misura in cui detti beni non tornino nel paese di origine dopo la lavorazione. In tale senso la cosiddetta „legge europea“ (Legge n° 115/2015 del 29 luglio 2015, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2015) ha apportato modifiche agli artt. 38 e 41 del D.L. 331/1993, che entrano in vigore appunto con il 18 agosto 2015. Tale modifica si era resa necessaria per evitare procedure di infrazione UE, in quanto la normativa italiana non era conforme a quella europea.

Di seguito gli effetti nel dettaglio.

 

  1. Acquisti intracomunitari

Fino ad ora vigeva la norma che il trasferimento di beni in Italia per perizie/analisi e/o lavorazioni/manipolazioni non veniva considerato acquisto intracomunitario (in Italia), a condizione che il bene venisse successivamente trasferito nel paese di origine, in altro paese UE o extra-UE. Esempio: un’impresa tedesca trasferiva dei beni in metallo in Italia per effettuare una zincatura. Successivamente i beni venivano ceduti in Austria. Ai sensi dell’art. 38 del D.L. 331/93 tali operazioni non erano considerate né acquisti né cessioni intracomunitarie. L’impresa italiana che effettuava una prestazione di servizi doveva semplicemente fatturare all’impresa tedesca una prestazione “fuori campo IVA ai sensi dell’art. 7-ter legge IVA”.

Dal 18 agosto in poi tale impostazione vale soltanto se i beni, dopo la lavorazione, vengono ritrasferiti nel paese di origine (nell’esempio in Germania); se invece i beni vengono trasferiti in altro paese UE (ad es. in Austria) o esportati in paese extra-UE (ad es. in Svizzera), l’impresa estera dovrà o registrarsi direttamente in Italia o nominare un rappresentate fiscale. Con tale partita IVA dovrà effettuare un acquisto intracomunitario in Italia e successivamente fatturare una cessione intracomunitaria o un’esportazione dei beni al cessionario nel paese terzo.

Importante – per il prestatore di servizi italiano non cambia nulla: se il cliente estero non ha una stabile organizzazione in Italia, la prestazione di servizi andrà fatturata alla posizione/partita IVA estera con la modalità “fuori campo IVA ai sensi dell’art. 7-ter legge IVA”. Una fatturazione alla partita IVA italiana applicando l’imposta sarebbe errata.

Se invece i beni dopo la lavorazione restano in Italia e vengono quivi ceduti, l’impresa straniera dovrà registrare sempre un acquisto intracomunitario per i beni oggetto di lavorazione, e poi fatturare la cessione al cliente italiano. Tale cessione sarà soggetta ad IVA se il cessionario non è un soggetto IVA (ad es. un privato); se invece si tratta di cessionario-impresa, la cessione è soggetta a “reverse-charge” (art. 17 legge IVA) e andrà fatturata con la partita IVA estera (tedesca nel ns. esempio). Il cliente italiano non effettua alcun acquisto intracomunitario ma si assume il debito di imposta ai sensi del suddetto meccanismo di reverse-charge.


  1. Cessioni intracomunitarie

La stessa procedura è prevista dal 18 agosto per il caso inverso in cui un’impresa italiana effettua cessioni intracomunitarie in altri paesi UE; fino ad ora i trasferimenti di beni all’estero a scopo di lavorazione non rappresentava cessione intra per l’impresa italiana, nella misura in cui detti beni venivano successivamente ceduti in altro paese UE o extra-UE. Dal 18 agosto tale modus operandi vale soltanto se i beni ritornano in Italia.

La conseguenza: le imprese italiane che trasferiscono beni in un altro paese UE per lavorazioni ecc., che poi non vengono ritrasferiti in Italia, dovranno da ora in poi registrarsi ai fini IVA nel paese UE e registrare fittiziamente un acquisto intracomunitario nel detto paese a carico della propria posizione IVA estera. La successiva cessione dei beni in un altro paese terzo dovrà essere fatturata con la posizione IVA estera e non più con la partita IVA italiana. Nel caso la merce venga venduta nel paese UE di lavorazione, dovrà essere emessa fattura tramite il numero di registrazione diretta con l’imposta locale. Facciamo notare che praticamente nessun altro paese UE (al contrario dell’Italia) prevede in tale caso la fatturazione con il meccanismo del reverse-charge. Tenete inoltre presente che, anche dopo l’apertura di una posizione IVA all’estero, la lavorazione dei beni dovrà essere fatturata da parte dell’impresa estera (fuori campo IVA) alla partita IVA italiana, e che l’impresa italiana dovrà assoggettare l’operazione all’imposta in Italia in base alle attuali norme. La fatturazione delle prestazioni di servizi alla partita IVA estera non è corretta.

Vi invitiamo, nel caso dobbiate effettuare lavorazioni per conto di mandanti UE o facciate effettuare lavorazioni in altri paesi UE, ad applicare da subito le nuove regole sopra descritte. Qualche problema potrebbe sorgere nel caso di operazioni “in corso”: nel caso abbiate dubbi potete rivolgervi al ns. studio, anche se al momento mancano ancora istruzioni su come comportarsi nell’attuale periodo transitorio. Ci aspettiamo a breve una circolare esplicativa.

 

Restiamo a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti.

Distinti saluti

Dott. Josef Vieider

scarica qui la circolare C-39-19.08.2015 - Novita per le operazioni intracomunitarie