Come vi abbiamo già anticipato, la novità più interessante del cd. “decreto agosto” (D.L. 104/2020, art. 110) è la possibilità di rivalutare i beni aziendali, considerato che l’imposta sostitutiva per il riconoscimento fiscale è pari al 3%. È inoltre ammessa anche la rivalutazione soltanto “civilistica”, cioè senza riconoscimento fiscale. Di seguito gli aspetti più rilevanti della citata legge.
1. Regole generali
Con il bilancio al 31 dicembre 2020 (di regola) possono essere effettuate rivalutazioni di immobilizzazioni immateriali, materiali e finanziarie contro il pagamento di un’imposta sostitutiva: l’aliquota è unica e non distingue tra beni ammortizzabili e non. L’aliquota rispetto alle rivalutazioni degli anni passati è decisamente conveniente (3%!).
1.1 Presupposti soggettivi ed oggettivi
Possono effettuare la rivalutazione di cui alla presente trattazione le imprese individuali, le società di persone e le società di capitali, queste ultime con esclusione dei soggetti IAS-adopter.
Possono essere rivalutati gli assets immobilizzati immateriali, materiali e finanziari (societá controllate e collegate) nel bilancio 2020 (per gli esercizi non coincidenti valgono regole particolari) peraltro con riferimento agli assets medesimi già presenti in bilancio 2019. A differenza che con le leggi di rivalutazione del passato non è più necessario rivalutare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria (di regola con la stessa aliquota di ammortamento), è possibile rivalutare singoli beni addirittura adottando criteri di rivalutazione diversi.
Dovrebbero essere rivalutabili quindi gli immobili senza considerare il terreno sottostante. Ugualmente rivalutabili sono anche i beni completamente ammortizzabili a patto che siano ancora riportati in bilancio ed in nota integrativa. In caso di contabilità semplificata è sufficiente l’annotazione nel registro dei beni ammortizzabili.
Non è rivalutabile un bene acquisito in leasing e riscattato soltanto nel 2020. La rivalutazione di beni immateriali (brevetti ecc.) è interessante solo in determinati casi, così come la rivalutazione delle immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni), in quanto, come noto, le plusvalenze in caso di vendita godono di regola della cd. “PEX”; diverso è il caso delle partecipazioni detenute da societá di persone.
1.2 Imposta sostitutiva
L’aliquota dell’imposta sostitutiva è del 3%: l’imposta va versata in tre rate con i pagamenti delle imposte per il 2020, 2021 e 2022.
1.3 Effetti della rivalutazione
Decisamente positivo è il fatto che il riconoscimento dei maggiori valori ai fini dell’ammortamento (ma anche del limite del 5% per le spese di manutenzione così come dei parametri di calcolo per le società di comodo) decorre già dal 2021 (attenzione: non dal 2020!). Invece ai fini del calcolo delle plusvalenze tassabili la data limite è il 1° gennaio 2024: infatti in caso di cessione prima di tale termine, il valore rivalutato non rileva e si deve tassare l’intera plusvalenza, previo riconoscimento del credito di imposta per l’imposta del 3% versata.
Fusioni, scissioni e conferimenti in questo senso non rappresentano una “cessione” e quindi possono essere effettuate prima del 2024 senza problemi.
2. Metodi di rivalutazione
La rivalutazione rappresenta una deroga ai principi di bilancio. È quindi necessario attenersi a e non superare i valori di mercato o economici dei beni che si intende rivalutare. Ciò è richiesto dai principi civilistici per evitare un annacquamento del patrimonio dell’azienda ed una potenziale falsificazione del bilancio con i conseguenti rischi per amministratori ed organi di controllo. I medesimi principi valgono comunque anche ai fini fiscali.
I parametri di rivalutazione sono abbastanza generali per gli immobili, mentre per impianti e macchinari tipicamente devono essere adottati parametri adeguati al valore economico o d’uso dei beni oppure al valore di mercato, tenendo in considerazione il residuo periodo di utilizzo, costi di manutenzione ecc.
Sulla necessità di una perizia o valutazione di terzi in dottrina ci sono pareri differenti: sicuramente la perizia non è obbligatoria, ma può essere opportuna in determinati casi in cui i valori sono particolarmente rilevanti oppure tecnicamente difficili da stabilire, oppure ove non siano disponibili valori di raffronto di beni simili.
Per ottenere un valore nei libri contabili che, quale differenza tra costo d’acquisto e fondo di ammortamento, equivalga al valore di mercato (o d’uso) si possono utilizzare ai sensi dell’art. 5, DM 162/2001, tre metodi:
- Rivalutazione del solo costo storico di acquisto;
- Rivalutazione del costo storico e del fondo ammortamento;
- Riduzione del solo fondo di ammortamento.
Attenzione: la rivalutazione in sé non giustifica il prolungamento del periodo di ammortamento del bene rivalutato – si veda a tale proposito il principio di interpretazione n° 7 dell’OIC. Quindi se si utilizza il primo o il terzo metodo, ai sensi dell’OIC 16 deve essere data adeguata motivazione in nota integrativa al bilancio.
1. Rivalutazione del costo storico – Si tratta del metodo più semplice: si rivalutano soltanto i costi di acquisto per arrivare in somma ad un valore di mercato. Il periodo residuo di ammortamento viene inevitabilmente prolungato e di questo si dovrá rendere conto in nota integrativa. Aumenteranno le quote di ammortamento annuo e di conseguenza il valore della rivalutazione in sé verrá ammortizzato in un periodo più breve.
Esempio: costo storico 500, fondo ammortamento 400, valore residuo 100, quota ammortamento 100 (10%), valore di mercato 450. In questo caso il costo storico viene aumentato di 350 per arrivare ad un valore residuo di 450. I futuri ammortamenti saranno pari ad 85 (base di calcolo 850) ed il bene verrá completamente ammortizzato in sei anni. Prolungandosi il periodo di ammortamento dovranno essere date spiegazioni in nota integrativa.
2. Rivalutazione del costo storico ed in proporzione del fondo di ammortamento – In questo caso la rivalutazione si effettua in parallelo tra costo storico e fondo ammortamento, ed è l’unico metodo che non modifica l’originario periodo di ammortamento, con la conseguenza che l’intera rivalutazione viene ammortizzata nel periodo residuo come da piano originario, in casi estremi anche in un solo anno. Tale metodo porta il maggiore vantaggio fiscale a breve termine, ma può portare con sé degli effetti anche bizzarri: si pensi ai parametri per le societá di comodo o per il calcolo del limite delle spese di manutenzione se ad esempio un bene del costo storico di 100 (fondo 87,5) si rivaluta a 400 con il fondo a 350, soltanto per avere il periodo di ammortamento residuo uguale all’originario. Ci si deve porre anche il tema di come motivare dal punto di vista civilistico una rivalutazione con tale metodo se il periodo residuo di ammortamento è di soli uno/due anni.
3. Riduzione del fondo di ammortamento – Tale metodo è adatto in particolare in quei casi in cui a seguito di ammortamenti eccessivi il bene è di fatto sottovalutato. In pratica si “elimina” una parte dell’ammortamento effettuato in passato, e le future quote di ammortamento si calcolano sul medesimo costo storico. Anche in questo caso si prolunga il periodo di ammortamento, anche per un periodo ragguardevole. Dal punto di vista fiscale il vantaggio non è a breve/brevissimo termine, in compenso non si modificano i parametri per le societá di comodo. Questo metodo è consigliabile se non è richiesto un effetto fiscale immediato e/o se si nutrono dubbi sulla capacità dell’impresa di reggere in bilancio l’impatto di maggiori ammortamenti (come nel caso di adozione di uno dei due primi metodi).
3. Riserva di rivalutazione
Indipendentemente dal metodo prescelto per effettuare la rivalutazione, la diferenza di rivalutazione andrá appostata al passivo del bilancio per il 3% quale debito per imposta sostitutiva e per il residuo in una apposita riserva di rivalutazione denominata con la specifica legge – DL 104/2020.
Attenzione: in caso di distribuzione di tale riserva, le società di capitali devono versare le imposte per intero (per differenza con il 3%), attualmente al 24%. Mentre le societá di persone devono, in aderenza al principio della trasparenza, attribuire ai soci l’importo che verrá tassato secondo le aliquote di imposta progressive. Per evitare ciò è data la possibilità di affrancare tale riserva pagando un ulteriore 10%. Tale imposta di affrancamento si calcola, in base ad una recente sentenza della Corte di Cassazione (n° 19772/2020) sul valore della riserva, quindi al netto dell’imposta sostitutiva (di parere contrario in passato si era espressa l’Agenzia Entrate).
Se ed in che misura è conveniente affrancare tale riserva è da verificare caso per caso. Se la riserva verrá utilizzata per coprire perdite di bilancio, allora l’affrancamento non ha alcun senso. Ricordiamo soltanto che in tale caso è necessario sancire la definitiva riduzione di tale riserva con una delibera di un notaio, altrimenti gli utili successivi verrebbero attribuiti per presunzione alla ricostituzione di tale riserva con relativi limiti ad una distribuzione di utili. È opportuno sempre valutare e verificare di quante riserve distribuibili dispone la società. Quindi se non è prevista una distribuzione di tale riserva in un futuro prossimo né una liquidazione della società non vi è una particolare convenienza all’affrancamento. Mentre se la societá ha sufficiente liquidità e pianifica una costante distribuzione di dividendi può diventare conveniente. Ciò vale per le società di capitali ma a maggior ragione per le società di persone. Per queste ultime il vantaggio è decisamente maggiore in quanto con una tassazione di fatto del 12,7% a carico della società si evita la tassazione progressiva in capo ai soci.
Suggeriamo analizzare in maniera approfondita l’eventualità di procedere ad eventuale affrancamento della riserva di rivalutazione, in quanto la possibilità è offerta ora e soltanto per questa rivalutazione (non per eventuali precedenti rivalutazioni effettuate). Di converso una distribuzione della riserva senza affrancamento sarebbe pesante in termini di tassazione azzerando i vantaggi che ne derivano. Peraltro ricordiamo che l’affrancamento può essere anche soltanto parziale (art. 110 DL 104/2020).
4. Ammortamenti nel 2020
La rivalutazione ha effetti ai fini civilistici – come da interpretazione OIC 7, § 15 – soltanto a partire dall’esercizio successivo, quindi anche in termini di stanziamento delle quote di ammortamento. Di conseguenza gli ammortamenti 2020 verranno calcolati senza tenere conto della rivalutazione di cui all’oggetto.
5. Rivalutazione solo ai fini civilistici
Come anticipato in introduzione, è possibile, a differenza della legge di rivalutazione del 2019, effettuare anche la rivalutazione soltanto ai fini civilistici degli assets immobilizzati. In tale caso naturalmente non è dovuta alcuna imposta sostitutiva né l’eventuale imposta di affrancamento della riserva di rivalutazione. Evidentemente i valori rivalutati non rileveranno ai fini delle imposte dirette IRES e IRPEF, ma nemmeno ai fini IRAP. Quindi si calcoleranno regolari ammortamenti civilistici operando le dovute riprese ai fini fiscali.
Attenzione: l’interpretazione OIC n° 7 evidenzia esplicitamente l’obbligo – per le società di capitali – di calcolare le imposte differite sugli ammortamenti (indeducibili) accantonandole nell’apposito fondo.
Siamo naturalmente a vostra disposizione per eventuali ulteriori informazioni.
Cordiali saluti,
Josef Vieider