Novità varie in ambito immobiliare

Novità varie in ambito immobiliare

Con la presente circolare intendiamo segnalarvi le novità fiscali introdotte di recente in ambito immobiliare:

 

Regime sanzionatorio per l’errata applicazione del reverse charge

Con D.Lgs. n. 158/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le sanzioni previste in caso di errata applicazione del meccanismo del c.d. reverse charge sono state sensibilmente ridotte. Con la circolare n. 16/E dell’11 maggio 2017 l’Agenzia delle Entrate ha finalmente fornito una serie di chiarimenti in merito. Alla luce delle istruzioni recentemente pubblicate, la situazione attuale è la seguente:

- l’omessa o errata applicazione del reverse charge è punita, in linea generale, con una sanzione da 500 Euro a 20.000 Euro in capo all’acquirente/committente. Nel caso in cui l’operazione non risulti dalla contabilità (ossia: la fattura ricevuta non è stata registrata), è invece prevista una sanzione proporzionale dal 5% al 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000 Euro.

Da tale regola generale vanno comunque distinti i casi in cui il reverse charge non sia stato applicato in modo corretto, ma l’operazione sia stata assoggettata ad IVA da parte di una delle parti contraenti. Si riportano di seguito le due possibili casistiche:

  1. Nel caso in cui, in ambito di applicazione del reverse charge, il cedente/prestatore indichi erroneamente l’IVA in fattura, è prevista una sanzione da 250 Euro a 10.000 Euro in capo all’acquirente/committente. In ogni caso resta fermo il diritto alla detrazione dell’IVA fatturata per errore.
  2. Nel caso in cui il cedente/prestatore emetta fattura applicando erroneamente il reverse charge (ossia: emetta fattura senza IVA) e l’acquirente/committente integri la fattura di conseguenza, è prevista una sanzione da 250 Euro a 10.000 Euro in capo al cedente/prestatore, fermo restando il diritto a detrarre l’IVA.

Si specifica che le sanzioni fisse sopra riportate non vengono applicate relativamente ad ogni singola fattura errata, bensì in base a ciascuna liquidazione IVA (mese o trimestre, a seconda dei casi) e con riferimento a ciascun fornitore/cliente. Nella circolare viene altresì specificato che non è necessario rettificare la fattura errata. La circolare non fornisce tuttavia particolari indicazioni in merito alla possibilità da parte del contribuente di regolarizzare spontaneamente le violazioni in esame mediante ricorso al ravvedimento operoso. In ogni caso, qualora l’errore dovesse essere contestato mediante avviso da parte dell’Agenzia delle Entrate, è possibile regolarizzare lo stesso versando un terzo della sanzione inflitta.

Gli errori derivanti dall’omessa applicazione del meccanismo dell’inversione contabile che producono effetti anche a livello di liquidazione IVA, perché, ad esempio, l’IVA risulta parzialmente o totalmente indetraibile, sono invece sanzionati singolarmente. Agli errori di questo tipo, rilevati nella liquidazione IVA e nella dichiarazione IVA annuale, vengono applicate sanzionati distinte.

Le novità appena elencate si applicano anche agli errori commessi prima del 1° gennaio 2016, a meno che gli stessi non siano stati contestati in data antecedente all’01.01.2016.

Qualora l’errore sia stato determinato da una finalità di evasione/frode, è prevista l’applicazione di una sanzione dal 90% al 180% dell’IVA, con un minimo di 500 Euro.

Si evidenzia che prestatore e committente sono solidalmente responsabili per le sanzioni sopra elencate. Inoltre, particolare attenzione va prestata al fatto che il committente è assoggettato a sanzione anche nel caso in cui egli integri una fattura emessa in maniera errata. Nonostante la riduzione delle relative sanzioni è consigliabile verificare sempre la corretta applicazione del reverse charge.

Le novità in questione riguardano non solo il reverse charge in edilizia, ma anche le operazioni intracomunitarie ed internazionali, per le quali è prevista l’applicazione del regime dell’inversione contabile, così come le operazioni con San Marino e Città del Vaticano.

 

IVA al 10% sulle manutenzioni di immobili residenziali

Come noto, alle prestazioni di servizi relativi ad interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria, realizzati su immobili residenziali viene applicata l’aliquota IVA ridotta al 10%, con la necessità di effettuare una proporzione nel caso in cui l’intervento implichi anche l’impiego di “beni di valore significativo”. Qualora, infatti, il valore di detti beni non sia superiore al 50% del valore dell’intervento, l’intera prestazione è assoggettata all’IVA ridotta al 10%, in caso contrario è invece prevista l’applicazione dell’IVA al 10% sul doppio del valore della prestazione e, sull’importo restante, l’applicazione dell’IVA ordinaria al 22%.

A seguito dell’Interpello n. 954-375/2017, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale agevolazione (aliquota IVA al 10% per le manutenzioni ordinarie e straordinarie) trova applicazione soltanto con riferimento agli interventi di recupero edilizio effettuati a favore di consumatori finali, i quali possono essere identificati anche (!) in imprese. Ne consegue che sono escluse dall’agevolazione le manutenzioni realizzate su abitazioni di terzi nell’ambito di un contratto di subappalto.

Qualora le prestazioni riguardino abitazioni utilizzate a fini propri da parte di soggetti privati o imprese (tra cui rientra anche la locazione commerciale delle abitazioni), sussiste dunque il diritto all’applicazione dell’aliquota IVA al 10%. Così, ad esempio, nel caso in cui il committente sia un’impresa, le manutenzioni ordinarie e straordinarie realizzate sull’abitazione del portiere, sulle abitazioni aziendali o su quelle locate sono assoggettate all’IVA al 10%.

N.B.: Il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate merita un’attenzione particolare, considerato che generalmente l’IVA sulle prestazioni in questione non è detraibile da parte delle imprese e, quindi, l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta potrebbe riflettersi in un notevole risparmio per queste ultime.

 

Aliquota IVA sulle cessioni di fabbricati, che comprendono anche immobili residenziali

In caso di cessione di un intero fabbricato, composto da unità commerciali e residenziali, mediante un unico contratto, allorquando il fabbricato in questione non soddisfi i requisiti della c.d. “Legge Tupini”[1] o non sia stato effettuato sullo stesso alcun intervento di recupero edilizio (di maggior portata rispetto alle manutenzioni ordinarie e straordinarie) da parte del cedente, l’intero prezzo di vendita è assoggettato all’aliquota IVA ordinaria al 22%. Così, ad esempio, non è possibile determinare un prezzo a parte per l’abitazione compresa nel contratto di compravendita ed applicare sullo stesso l’IVA al 10%. Quanto detto è sancito nella sentenza della Corte di Cassazione n. 9661 del 14 aprile 2017, la quale conferma le prese di posizione precedentemente adottate dall’Amministrazione Finanziaria al verificarsi di tali situazioni.

Per fare chiarezza: se il fabbricato in questione rientra nella Legge Tupini o sullo stesso è stato effettuato un intervento di recupero edilizio da parte del cedente, il fabbricato può essere ceduto nel suo complesso con applicazione dell’IVA ridotta al 10%.

In caso contrario è opportuno valutare la possibilità di cedere la parte residenziale mediante un contratto a sé stante, in modo tale da poter applicare comunque l’aliquota IVA ridotta.

È vivamente consigliata la scrupolosa osservanza della sentenza citata, in quanto l’Amministrazione Finanziaria, facendo riferimento alla stessa, provvederà senz’altro ad effettuare controlli meticolosi. Eventualmente Vi invitiamo a contattarci, al fine di trovare soluzioni alternative.

[1] Non può trattarsi di abitazioni di lusso; almeno il 51% dall’area edificata in superficie deve essere destinata ad uso residenziale e non più del 25% della stessa può essere destinata ad attività commerciali.

 

Riqualificazione energetica condomìni – Compensazione del credito d’imposta

Limitatamente agli interventi di riqualificazione energetica su parti comuni dei condomìni, a partire dal 1° gennaio 2016, i pensionati con un reddito imponibile fino a 7.500 Euro e i dipendenti con un reddito fino a 8.000 Euro possono cedere il proprio credito d’imposta (65%) ai rispettivi fornitori[1]. Si rammenta che possono essere ceduti i crediti derivanti dalle relative spese sostenute nel periodo 6 giugno 2013 - 31 dicembre 2016.

Come già comunicatoVi a inizio anno, tale agevolazione è stata sostanzialmente ampliata con efficacia a partire dal 1° gennaio 2017, prevedendone l’applicazione agli interventi di riqualificazione energetica su parti comuni in genere, a prescindere dal reddito del committente. Nella Legge Finanziaria per il 2017 non sono tuttavia indicate le modalità di attuazione di detta novità, tant’è che per ora il ricorso alla stessa è necessariamente accompagnato dall’assunzione di rischi non trascurabili.

Nel frattempo l’Agenzia delle Entrate (con Risoluzione del 10 aprile 2017) ha invece istituito il codice tributo necessario al fine di compensare il credito d’imposta, relativo agli interventi di riqualificazione energetica su parti comuni eseguiti nel 2016, ceduto da contribuenti incapienti: 6876. Quale periodo di riferimento deve essere indicato il periodo d’imposta nel quale le relative spese sono state sostenute. I fornitori, beneficiari della cessione del credito d’imposta, possono compensare quest’ultimo nel modello F24 con qualsiasi imposta/contributo a debito, in quote costati nell’arco di 10 anni, a partire dai versamenti in scadenza il 10 aprile 2017.

 

Bonifici errati e detrazioni fiscali del 50%/65%

Come noto, al fine di fruire delle detrazioni fiscali del 50%/65% in caso di interventi di ristrutturazione su fabbricati residenziali e di riqualificazione energetica, è necessario che i relativi pagamenti siano stati effettuati mediante appositi bonifici bancari o postali e che la banca o la posta abbiano operato sugli stessi una ritenuta. In passato eventuali bonifici incompleti costituivano causa di esclusione dall’agevolazione, a meno che il pagamento non fosse effettuato una seconda volta in modo corretto, a patto che l’impresa edile/il fornitore fosse disposta/o a rimborsare il primo pagamento (con conseguente diritto alla detrazione fiscale a partire dal periodo d’imposta nel quale è stato effettuato il nuovo pagamento).

Con la circolare n. 8/E del 7 aprile 2017 il fisco sembra ora adottare un approccio più indulgente in merito: i soggetti che avessero effettuato bonifici bancari o postali per il pagamento di prestazioni o forniture rientranti nell’agevolazione fiscale in modo non conforme alle relative disposizioni[2] possono comunque fruire della detrazione fiscale del 50%/65%, a condizione che ottengano dal prestatore una dichiarazione giurata, nella quale egli attesti che i relativi pagamenti sono stati rilevati nella propria contabilità e che sono stati correttamente considerati nella determinazione dell’utile d’impresa.

Un consiglio: qualora Vi troviate in una situazione del genere, possiamo mettere a Vostra disposizione un modello per la dichiarazione sostitutiva necessaria (di cui sopra).

 

Imposta sostitutiva sulle locazioni – omessa comunicazione della proroga o della risoluzione

In caso di omessa comunicazione della proroga di un contratto di locazione soggetto ad imposta sostitutiva (c.d. “cedolare secca”), tale mancanza non determina la revoca dell’opzione esercitata in sede di registrazione del contratto, purché il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di applicare la cedolare secca. In quest’ottica è da considerarsi quale comportamento concludente la dichiarazione delle relative entrate con conseguente pagamento dell’imposta sostitutiva; a nostro avviso dovrebbe rientrare tra i comportamenti concludenti anche il mantenimento dello stesso canone di locazione (ossia la rinuncia all’adeguamento del canone alla rivalutazione ISTAT). Inoltre, ai sensi di quanto disposto dalla Legge 225/2016, parrebbe che anche la comunicazione del rinnovo dell’opzione al conduttore non costituisca più condizione necessaria al fine di mantenere l’opzione per la cedolare secca.

Con la circolare n. 8/2017, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale nuova impostazione è applicabile retroattivamente. Ne consegue che in caso di mancato rinnovo dell’opzione in occasione della proroga di un contratto di locazione, ferma restando la sussistenza dei presupposti sopra elencati, l’agevolazione non viene persa. Tuttavia la mancata comunicazione dell’opzione per la cedolare secca in occasione della proroga del contratto, come anche l’omessa comunicazione della risoluzione di quest’ultimo, mediante modello RLI è punita con un’apposita sanzione pari a 100 Euro, ridotta a 50 Euro nel caso in cui la comunicazione venga effettuata entro 30 giorni. Con Risoluzione n. 30 del 10 marzo 2017 è stato altresì istituito il codice tributo per il versamento della predetta sanzione: 1511, con indicazione, quale periodo di riferimento, dell’anno in cui si è verificata la proroga o la risoluzione del contratto.

 

N.B.: con riferimento all’imposta sostitutiva („cedolare secca“) sulle locazioni, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente confermato che, come previsto per le altre imposte, la scadenza per il versamento del saldo e dell’acconto della stessa è fissata al 30 giugno 2017.

 

Bonus videosorveglianza

Con Risoluzione del 30 marzo 2017, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito l’entità del credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto di impianti di videosorveglianza, installati nelle abitazioni private nel corso del 2016. Le relative istanze dovevano essere inviate telematicamente entro il 20 marzo scorso e non potevano superare, nel loro complesso, i 15 Mio. di Euro previsti nella legge di stabilità a titolo di contributo. Evidentemente sono state presentate poche richieste, considerato che è stata stabilita la detraibilità del 100% (!) delle relative spese, a condizione che l’istanza sia stata presentata entro la scadenza. Il credito d’imposta in questione può essere utilizzato in compensazione in F24 mediante il codice tributo 6874.

Per l’anno 2017 le eventuali spese sostenute per impianti di videosorveglianza potranno essere fatte valere soltanto nell’ambito di interventi di ristrutturazione edilizia (per i quali è prevista la detrazione del 50% in 10 anni).

 

[1] In particolare ai sensi degli artt. 1117 e 1117-bis c.c.

[2] Indicazione del codice fiscale del committente e del prestatore, indicazione della causale di pagamento, indicazione del riferimento normativo concernete le riqualificazioni energetiche/ristrutturazioni con la relativa ritenuta operata da parte della banca o della posta.

 

Restiamo naturalmente a Vostra disposizione per ulteriori/e informazioni/documentazione.

Cordiali saluti

Dr. Josef Vieider

scarica la circolare C-23-08.06.2017 Novita varie in ambito immobiliare